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Published on 23/06/2018

Published at 23/06/2018 at 12:05
Last update: 29/06/2019 at 06:43
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Nel nostro stereotipo la Pubblica Amministrazione, specie italiana, è lontana, ostile e poco appetibile rispetto all’innovazione digitale. Come ogni stereotipo, ovviamente, è molto lontano dalla realtà ma ci impedisce comunque di considerare le reali opportunità di sviluppo.

Ed ecco che l’accostamento Intelligenza Artificiale e Pubblica Amministrazione ci sembra una cosa fuori dal mondo, o una roba da scandinavi o giapponesi… Invece non è così; mi sono imbattuto nell’articolo di Guido Vetere ed ho avuto questo tipo di reazione, fortunatamente subito sostituita dall’interesse e dalla curiosità. Veniamo così a conoscenza che il tema è di così forte attualità che il Team digitale, istituito

presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha avviato una task force sulla AI.

Ma allora qual è questo apporto che l’AI può dare alla governance pubblica? Si tratta di poter sfruttare la capacità di utilizzare le immense quantità di informazioni che le amministrazioni detengono, per poter migliorare in efficienza e qualità, la progettazione, programmazione e gestione dei servizi. Si parte dal paradigma della data-driven society (e, quindi, della data-drive governance) ma con un elemento ulteriore, molto importante. La possibilità di affidare a sistemi dedicati, parte del controllo dei processi, sia produttivi sia decisionali. Le due principali “anime” dell’AI, come ricorda l’autore, si posizionano su un continuum che associa empirismo e razionalismo, dove per il primo abbiamo - per semplificare - il modello del machine learning mentre, dall’altro, quello della rete neurale (usando il medesimo grado di generalizzazione). In entrambi i casi, per quello che è lo specifico del servizio pubblico e della governance politico-amministrativa, è basilare il modello più adatto al caso specifico e utilizzare modalità partecipate e inclusive. Quest’ultimo punto non risponde (solo, aggiungo io) a necessità politiche e sociali, ma proprio perchè è la complessità che rende tali soluzioni efficaci, coinvolgendo i diversi attori del processo/servizio. Niente altro come le soluzioni AI, richiede l’esercizio di competenze a tutti i livelli versus una delega tecnica agli esperti della tecnologia. Si tratta, invece, di sviluppare in modo organico e integrato i modelli che andranno, di fatto, a sostituire parti delle interazioni e delle scelte che attualmente coinvolgono persone e organizzazioni.

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