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09/01/2019

Psichiatria, un software per prevenire l’insorgenza dei disagi di integrazione

Lo ha realizzato il progetto europeo PRONIA con l’Università Statale di Milano

Redazione Open Innovation

Redazione Open Innovation

Regione Lombardia

Un software per le diagnosi psichiatriche. Sembra fantascienza, è diventato realtà grazie a un progetto che coinvolge tra gli altri l’Università Statale di Milano.

Su "Jama Psychiatry" è stato infatti pubblicato uno studio, che ha previsto con percentuali di successo molto alte i disagi di integrazione sociale in pazienti a rischio. Un risultato a cui si è arrivati appunto grazie a un software che lavora sulla combinazione di dati clinici e di neuroimaging, messo a punto dal progetto europeo PRONIA (Personalized Prognostic Tools for Early Psychosis Management), che ha coinvolto anche l'Università degli Studi di Milano attraverso il docente di Psichiatria Paolo Brambilla e il suo team. 

Il progetto prende le mosse da un dato: il 75% dei disturbi di disabilità si manifesta prima dei 25 anni, e comporta difficoltà e deterioramento nelle relazioni sociali e occupazionali. Inoltre, a oggi non esistono strumenti di stratificazione del rischio su cui poter impostare una strategia preventiva e personalizzata, per arginare le disabilità funzionali nei soggetti a rischio e nella fase iniziale della malattia. 

L'ambizioso obiettivo del progetto europeo PRONIA è dunque quello di sviluppare un accurato modello di predizione, per identificare possibili deficit relazionali e occupazionali nella loro fase iniziale in due diversi gruppi di pazienti: ad alto rischio clinico di psicosi (Clinical High-Risk, CHR), oppure con recente insorgenza di depressione (Recent-Onset Depression, ROD) o psicosi (Recent-Onset Psychosis, ROP). 

Lo studio è stato condotto su un campione di 236 pazienti di età compresa tra i 15 e i 40 anni, con un controllo di 176 elementi sani. I soggetti sono stati reclutati in sette siti accademici di diagnosi precoce, sparsi in cinque diversi paesi europei, da febbraio 2014 a maggio 2016. Ogni paziente è stato testato per un periodo di 18 mesi, con una valutazione clinica ogni tre. 

Il software di machine-learning utilizzato, NeuroMiner, ha analizzato tre diversi modelli: il primo sul funzionamento sociale e di ruolo di ciascun paziente; il secondo con l’analisi delle immagini del volume della materia grigia; il terzo con la combinazione dei primi due outcomes, convertiti in un unico risultato finale.  

Questo schema di machine learning ha dimostrato che i disagi di integrazione sociale possono essere correttamente predetti nell’83% dei pazienti in CHR e nel 70% dei pazienti con ROD: un risultato migliore di molte prognosi cliniche di esperti (che tendono a sovrastimare le capacità di social functioning dei pazienti).  

È un importante punto di partenza – afferma il Professor Brambilla - per la creazione di nuovi modelli prognostici generalizzabili attraverso diverse combinazioni di dati, in grado di consentire una vera strategia preventiva e personalizzata in psichiatria”.

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