Francesco Samore'

Francesco Samore'

Fondazione Giannino Bassetti

dalla community #ResponsibleR&I

Pubblicato il 15/04/2017

Pubblicata il 15/04/2017 alle 18:54
Ultimo aggiornamento: 26/02/2019 alle 18:20
Immagine della discussione

Il workshop del 6 aprile - di cui proponiamo una sintesi - partiva dalla constatazione che, oggi, l’intelligenza artificiale, la genetica, la robotica, le neuroscienze,  rivoluzionano - prima ancora che il modo di lavorare - le culture e le relazioni tra persone. 

Se siamo pronti ad accettare che la storia sia scritta dall’innovazione, in un rapporto nuovo fra conoscenza e “potere”; se abbiamo imparato a non considerare l’innovazione un fine in sè… 

…Cerchiamo la pars costruens e la domanda diventa: abbiamo un’idea di istituzioni che possano occuparsi di questo, democraticamente? 

 

Il Workshop del 6 aprile 2017

Al workshop sulla hanno partecipato circa 70 persone. Per introdurre la discussione, abbiamo proposto 4 etichette (4 TAG):

  • Alert: nel 2012 Fukuyama, ne “L’uomo oltre l’uomo” ragionava sull’impatto sociale e storico delle biotecnologie, richiamando due opere precedenti e ben note: Il Mondo Nuovo (1932, Huxley) e 1984 (scritto nel 1948 da Orwell). Due visioni inquietanti del futuro, due letture “apocalittiche” dell’innovazione, la cui emersione è un fatto storico che può generare attese, ma anche paura; non esclusa la paura di reinventare, nell’ambito delle relazioni sociali e, quindi, politiche.

 

  • Presa in carico: l’innovazione non la chiamiamo, accade dove meno te la aspetti. Prenderla in carico in termini collettivi, di relazione, è necessario; significa ragionare sul fine e non solo sui mezzi. Muoviamo dal rapporto tra conoscenza e potere, tra conoscenza, istituzioni e governance. Mettiamo in discussione assetti consolidati.  Dove siamo oggi?
  • Opportunità: Innovazione Responsabile, nato come concetto eterodosso, è andato istituzionalizzandosi. La Responsible Research and Innovation si è affermata in Europa, negli Stati Uniti e oltre. In particolare, è divenuta cardine nelle attuali politiche della ricerca e dell’innovazione dell’UE. Horizon 2020 dedica intere linee di finanziamento (Science with and for society, ma non solo) a progetti che esplorino la pratica della RRI a più livelli; e la rende un tema trasversale per tutti i settori della ricerca e innovazione applicata, sia in ambito industriale sia per la piccola e media impresa.

 

  • Strumenti: attraverso i quali l’innovazione genera soluzioni. Abbiamo ascoltato Carlo Ratti, ci ha mostrato come la sensoristica abbia cambiato la gestione del traffico a Singapore; allo stesso modo, l’intelligenza collettiva - anche prima dell’immissione di tecnologia - aveva generato… la rotonda!  Bottom up e topdown come chiave interpretativa di innovazioni tra loro diverse (basti pensare alle tre “O” del commissario EU Carlos Moedas: Open Innovation, Open Science, Open to the World). Sempre ragionando di strumenti, dal punto di vista regionale, la legge “Lombardia è Ricerca e innovazione” introduce la Responsabilità nell’innovazione e il Foro per la ricerca e l'innovazione, un organismo indipendente che: 
  • contribuisce ad alimentare il dibattito pubblico sull'impatto sul tessuto socio-economico degli avanzamenti tecnoscientifici
  • definisce ambiti e metodi di partecipazione pubblica relativamente agli avanzamenti tecno-scientifici 
  • valuta e monitora i mutamenti di sensibilità e opinione della società rispetto a tematiche tecno-scientifiche
  • si confronta con le istituzioni per la ricerca e l'innovazione nazionali e internazionali  

All’orizzonte, l’obiettivo di uno sviluppo responsabile per le forze creative che la società esprime: un’innovazione che non punti al solo produrre, ma anche al convivere meglio.  

 

Gli interventi durante il Workshop

Secondo Mariana Poletti, di Just Knock, riflettere sull’evoluzione della società e sull’impatto sociale delle nuove tecnologie rappresenta un’opportunità per innovare il settore del digital recruiting e per riportare al centro l’aspetto umano delle risorse. Il digitale è uno strumento potente, che può essere usato per potenziare la capacità umana, non per sostituirla. 

Un ragionamento, questo, a cui ha fatto seguito l’intervento di Paolo Zambon, di Blackboard, che ha ricordato come il digitale non possa sostituire le intelligenze ma possa connetterle, a patto che ci sia una presa in carico collettiva e che la governance gestisca questa trasformazione. Siamo di fronte a strumenti ad altissimo potenziale, le tecnologie digitali, in grado di ridurre le distanze e di cambiare realmente la vita delle persone, ad esempio attraverso il digital learning. 

Ma l’innovazione in quanto realizzazione dell’improbabile genera anche preoccupazioni e incertezze. Come ha testimoniato Raffaella Maderna di Lundbeck Italia, quando si fa innovazione non mancano anche le esperienze negative di ricerca. 700 milioni di persone nel mondo soffrono di patologie psichiatriche e neurologiche e tra queste, 48 milioni, sono affette da malattie di Alzheimer. Dopo un primo fallimento nella ricerca di una molecola in grado di portare benefici a questi pazienti, l’azienda ha deciso di stringere una partnership con un ente danese e continuare ad investire nel settore nonostante l’esperienza scoraggiante. L’identificazione delle priorità di ricerca è certamente uno dei punti chiave per sviluppare un’innovazione che punti non solo a produrre, ma anche a rispondere ai bisogni dei cittadini. In tal senso, connettere le competenze della classe medica – ad esempio attraverso una piattaforma digitale che faccia convergere le informazioni scientifiche disponibili – sarebbe un’opportunità prima di tutto per i pazienti. 

Sono proprio la condivisione e l’intelligenza collettiva il cuore dell’intervento di Matteo Lanfranchi, di Effetto Larsen, un collettivo di artisti che si è specializzato nel settore della dissemination in ambito scientifico. Dal public understanding of science si è passati al public engagement with science. Investire certamente sulla comunicazione da parte degli scienziati, ma anche sulla condivisione delle ricerche e sul coinvolgimento della società nel processo innovativo è un passo fondamentale verso una responsabile “realizzazione dell’improbabile”, socialmente fondata. 

Nella cornice della Responsible Research and Innovation, il public engagement assume un ruolo centrale e la legge “Lombardia è ricerca e innovazione” è essa stessa un esempio di innovazione attraverso la partecipazione. Partecipazione che può avvenire attraverso strumenti digitali, senza trascurare però esperienze “analogiche” come quelle artistiche, laboratoriali ed emozionali. 

Ma la valorizzazione dell’intelligenza collettiva, richiede anche altri sforzi. Prima di tutto, ricorda Stefano Franchi Bonomi, Prysmian, essa trae beneficio dalla diversità. Per questo è necessaria una presa in carico da parte delle aziende e delle istituzioni di questo tema, perché, ad esempio, la diversità di genere è garanzia di ricchezza e di opportunità. Opportunità che possono essere colte appieno solo se le persone stanno insieme, se si condividono le conoscenze e se si incentiva la formazione. 

Piero Rivizzigno arricchisce il dibattito sollevando due alert, entrambi legati all’informazione e alla formazione. Il primo riguarda la condivisione e l’uso dei dati personali: siamo in un digital farwest in cui la questione della privacy e le norme ad essa connesse creano una competizione tra Paesi. In Italia, ad esempio, le startup che operano nel settore sono svantaggiate. Questo avviene in un contesto, quello italiano, in cui il mondo dei media fatica a tenersi al passo con l’innovazione, ad esempio sui temi del digitale e degli algoritmi. Ma l’innovazione dei percorsi di studi e l’ibridazione delle professionalità non sono gli unici ambiti in cui sono richiesti interventi strutturali. 

Antonio Bologna, Rete Cortile Servizi, introduce infatti il tema della valorizzazione della nostra identità territoriale e imprenditoriale, fatta anche di piccoli enti locali e di piccole imprese che non sono inseriti in modo solido nel sistema dell’innovazione, ma che pure producono contributi importanti in termini di ricerca e sviluppo e che spesso faticano in termini di cambio generazionale. L’alert, in questo caso è una domanda: quale deve essere il ruolo delle associazioni di rappresentanza delle imprese in questo contesto? 

Qualche risposta a livello istituzionale c’è. Secondo Pierantonio Macola, SMAU, uno di questi arriva proprio dalla Regione, con gli Accordi per la Ricerca e l’Innovazione, che intervenendo sull’ecosistema di startup innovative, acceleratori e incubatori, avvicina il mondo accademico a quello dell’impresa e consente di individuare attori intermedi distribuiti sul territorio. Una sperimentazione che, se allargata e condivisa, potrebbe anche abbattere le barriere regionali. 

È a questo punto che Angelo Gatto, Regione Lombardia, esplicita la necessità che ciascuno contribuisca facendo circolare le opportunità e gli strumenti offerti dalla Regione. I temi sollevati nel corso della discussione – dall’open source all’inclusione sociale, dalla dissemination alla valorizzazione della diversità – sono stati moltissimi e centrano le sfide più urgenti, ma una certa difficoltà culturale rimane. Ed è forse il primo ostacolo più difficile da abbattere. Quello che è necessario è che ciascuno si assuma la responsabilità di sperimentare, condividere e divulgare gli strumenti messi a disposizione, in questo caso dal sistema regionale, che vuole essere un campo di gioco per l’innovazione: si pensi al portale Open Innovation. 

Secondo Cristina Proserpio, che si occupa di innovazione sociale, la chiave sta proprio nella valorizzazione delle persone. È vero che c’è bisogno di divulgare verso il territorio, ma è anche vero che viceversa il territorio non sempre ha l’opportunità di comunicare i propri bisogni e le proprie idee. Come valorizzare allora quelle comunità periferiche che stanno sperimentando nuovi linguaggi e nuovi modelli di organizzazione per il benessere collettivo? Oltre alla piattaforma Open Innovation è necessario creare altre occasioni di scambio tra persone, individuare dei pivot, dei soggetti che abbiamo un rapporto chiave col territorio e che siano in grado di portarne le istanze all’interno del sistema dell’innovazione, introducendo un meccanismo diverso da quello top-down. 

 

 

 

 

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